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da dove facciamo il postcoloniale?

appunti per una genealogia della ricezione degli studi postcoloniali nell’italianistica italiana

Roberto Derobertis

Derobertis possibile foto Memoria di pietra 390x533© Roberto Derobertis, Memoria di pietra

1. inizi

Il termine ‘postcoloniale’, sia come aggettivo di ‘teoria’, di ‘critica’ o di ‘condizione’, sia come sostantivo autonomo, è stato fino a pochissimo tempo fa un lemma clandestino nel contesto degli studi dell’italianistica italiana. Esso è rimbalzato quasi segretamente tra studiose e studiosi che hanno condiviso la lettura di alcuni dei più noti testi degli studi culturali e postcoloniali anglofoni (nordamericani, britannici, indiani) e che, in gran parte, hanno indagato quella che è stata definita “letteratura italiana della migrazione” o “scritture migranti”1 in italiano, trovando terreno fertile per una messa all’opera della critica e della teoria postcoloniali. Come ha ben sintetizzato Caterina Romeo, il riferimento alla prospettiva postcoloniale nel contesto italiano “crea un senso di continuità temporale, evidenziando la connessione esistente tra il presente, il passato coloniale e le grandi ondate di emigrazione internazionale e intranazionale”, creando anche una “continuità spaziale transnazionale in quanto corrobora l’idea di comunità diasporiche accomunate proprio dall’esperienza della colonizzazione” (Romeo 385).

Dunque, il tentativo di impostare una genealogia della ricezione del postcoloniale nell’Italianistica italiana incrocia sentieri di ricerca transdisciplinari, oltre che concetti quali ‘migrazioni’, ‘razza’, ‘subalterna’, ‘cultura’ e ‘traduzione’, che costituiscono gli strumenti essenziali della cassetta degli attrezzi postcoloniali. Inoltre, i destini di questa ricezione sono inscindibili da quelli della ricezione degli studi culturali e postcoloniali nell’ambito degli studi femministi e di genere in Italia, o dagli sviluppi dell’Italianistica praticata nelle università straniere. Spesso chi ha messo all’opera gli studi postcoloniali nell’Italianistica italiana aveva una formazione femminista e aveva trascorso del tempo o lavorato in campus stranieri o in stretto contatto con essi (cfr. Ponzanesi, Sabelli e Parati). Tuttavia, l’impatto della teoria postcoloniale su temi e ambiti d’intervento, su metodi e pratiche analitiche a livello mainstream e ‘istituzionale’ è ancora scarso.2

Le prime apparizioni del termine in pubblicazioni, seminari e conferenze3 è avvenuto in riferimento agli scritti di autrici provenienti dalle ex colonie italiane, in particolare quelle dell’Africa orientale: Eritrea, Etiopia e Somalia (Cristina Ubax Ali Farah, Erminia dell’Oro, Shirin Ramzanali Fazel, Gabriella Ghermandi, Martha Nasibù, Igiaba Scego, Ribka Sibhatu e Maria Abbebù Viarengo), ma anche della Libia (Luciana Capretti), nonché alla revisione critica del romanzo coloniale di Ennio Flaiano Tempo di uccidere (1947), che come ha spiegato Cristina Lombardi-Diop deve essere (ri)letto oggi insieme alla sua riscrittura postcoloniale “indignata e coraggiosa” (258): Regina di fiori e di perle di Ghermandi. Mettere entrambi i testi nel quadro aiuta a vedere/leggere/analizzare “realtà complementari” – i punti di vista e le memorie del colonizzato e del colonizzatore – “di cui è stato finora possibile vederne solo una” (259). A questa dimensione analitica ha dato un contributo pionieristico Daniele Comberiati che, con la cura di una raccolta di interviste a queste autrici, ha definitivamente rotto il tabù del nesso tuttora attuale tra colonialismo e migrazioni nella letteratura italiana.

Nel corso del tempo, da aggettivo riferito a testi letterari, ‘postcoloniale’ è poi divenuta cornice critica entro la quale indagare fenomeni letterari più ampi anche in chiave storiografica, come per esempio la revisione del canone letterario italiano a partire dalla letteratura coloniale, oltre che l’indagine sulle modalità specifiche – alcune delle quali tuttora persistenti – del rapporto Nord/Sud nella costituzione della nazione italiana dopo il 1860 e il suo intrecciarsi con la più generale “condizione postcoloniale” globale.4 Questo slittamento semantico può essere spiegato con il diffondersi sempre maggiore degli studi sulle scritture migranti in italiano a cavallo degli anni Duemila e con la coincidente traduzione – per forza di cose ‘disordinata’ – di testi fondamentali, quali Nation and Narration (trad. it. 1997) e The Location of Culture (trad. it. 2001) di Homi Bhabha, Modernity at Large (trad. it. 2001) di Arjun Appadurai, The Black Atlantic (trad. it. 2003) di Paul Gilroy, A Critique of Postcolonial Reason (trad. it. 2004) di Gayatri C. Spivak. Nonché la compilazione di raccolte di saggi di Rey Chow e Stuart Hall,5 per citare solo i testi che hanno avuto maggiore circolazione tra le studiose e gli studiosi di Italianistica che si sono cimentati con la critica postcoloniale.

2. testi

Nella critica accademica istituzionale il primo risultato storiograficamente rilevante di quei dibattiti è il volume monografico di Quaderni del ‘900 del 2004, significativamente intitolato La letteratura postcoloniale italiana. Dalla letteratura d’immigrazione all’incontro con l’altro, per la cura di Tiziana Morosetti. In precedenza, per quanto non in una prospettiva pienamente postcoloniale, un lavoro di scavo sui temi quali colonialismo, esotismo e orientalismo, razzismo e antisemitismo nella letteratura italiana era stato prodotto da Riccardo Bonavita.

Occorre aggiungere che, a giudicare dalle tracce che si possono rinvenire nei testi critici, un ruolo importante l’hanno avuto Culture and Imperialism (trad. it. 1998, molto più che Orientalism) di Edward Said e Migrancy, Culture, Identity di Iain Chambers (trad. it. 2003). Restano invece pressoché sconosciuti – e non tradotti – alcuni ‘classici’ del dibattito postcoloniale anglofono come The Empire Strikes Back (1982) a cura del Centre for Contemporary Cultural Studies di Birmingham e The Empire Writes Back (1989) di Bill Ashcroft, Gareth Griffiths e Helen Tiffin, e con essi il dibattito che li ha preceduti e seguiti.

Da questo coacervo di testi e dai conseguenti dibattiti e lacune è uscita una quantità crescente di volumi critici: alcune collettanee che, per la prima volta, si sono confrontate direttamente con la messa all’opera del paradigma postcoloniale negli studi sulla letteratura italiana (cfr. Derobertis e Sinopoli) e alcune monografie. Nel suo Il viaggiatore come autore (2008), Giuliana Benvenuti si riferisce agli studi postcoloniali come paradigma critico di riferimento rileggendo i viaggi in ‘Oriente’ di Gozzano, Pasolini, Moravia e Manganelli. In questi quattro autori ‘canonici’ del Novecento italiano, l’autrice rileva non soltanto atteggiamenti orientalisti e razzisti, quanto piuttosto la cifra di una vicenda letteraria nazionale completamente informata di relazioni con l’Oriente, mai vagliate dalla critica istituzionale, che non aveva scorto, come invece fa Benvenuti, la traccia di uno sguardo (neo)coloniale sotto la coltre di fascinazione per luoghi e culture descritte come genuinamente ‘primitive’, ‘povere’, ‘distanti’, ‘abbandonate’.

Nel 2012 Ugo Fracassa ha provato sin dal titolo del suo lavoro, Patria e lettere. Per una critica della letteratura postcoloniale e migrante in Italia, a riprendere ‘postcoloniale’ come aggettivo di una vague della letteratura italiana. Non perché non si riferisca al postcoloniale come paradigma critico-storiografico per rileggere il canone italiano – del quale anzi rilegge revisionisticamente le radici coloniali in Ennio Flaiano e in Curzio Malaparte – ma perché, con quell’aggettivazione riferita ad alcuni settori della narrativa italiana contemporanea, mette in questione l’intera relazione tra letteratura e nazione come binomio non più inscindibile e ‘naturale’. Nel lavoro di Fracassa emerge chiaramente la doppia presa critica del postcoloniale in Italia: quella sul canone e quella sulla contemporaneità, in un gioco, politicamente denso di significati e richiami, di continui contraccolpi identitari.

3. parole chiave

Dal contesto fin qui delineato, si può dire che quattro sono le parole chiave essenziali che la critica letteraria italiana ha mutuato dal/condivide col postcoloniale. La prima è certamente ‘migrazione’: quel fenomeno strettamente connesso alla storia della modernità europea che è una modernità coloniale e i cui sintomi sono spesso disarmanti nel presente della condizione postcoloniale. Del rapporto tra letteratura e migrazione in Italia nella condizione postcoloniale si è già fatto cenno nella prima parte.

Il secondo è ‘razza’ (strettamente implicato con ‘classe’ e ‘genere’): elemento messo a tema in maniera intensiva dalle narrazioni migranti, in particolare nei testi di autrici provenienti del Corno d’Africa; ma anche nella conflittualità razziale/razzista nell’Italia di oggi, nella complessa relazione che intrattiene con la storia d’Italia intrecciando pericolosamente unificazione Nord/Sud e colonialismo in Africa, e nei processi di ‘razzializzazione’ subiti da soggetti non-bianchi nel discorso politico-sociale di oggi (cfr. Pezzarossa). E occorre menzionare anche quei fenomeni attivi di intervento praticati dai soggetti migranti/postcoloniali sulla loro stessa identità, come il passing e il posing6 messi in atto nelle pratiche sociali e culturali e continuamente raffigurati nelle scritture migranti in italiano.7

Connessa attraverso vari punti di ingresso a ’razza’ indicherei ‘subalterna’: con particolare riferimento alla dirompente capacità di prendere la parola (sia talk back, sia write back) contro il vecchio colonizzatore oggi vessatore neocoloniale da parte di quelle voci femminili della letteratura postcoloniale italiana,8 che viene spesso rilevata dalla critica e che pertiene alla ricezione non priva di ambivalenze del testo di Spivak "Can the Subaltern Speak?", oggi parte integrante di A Critique of Postcolonial Reason. E che mette in evidenza quanto il colonialismo di ieri e il razzismo e securitarismo di oggi abbiano come cifra comune pratiche di controllo e violenza dei corpi e delle soggettività femminili.

Infine, ‘cultura’: nella sua accezione di ‘pratica’, più che di ‘repertorio’, che oggi è messa in campo da soggettività meticce, metropolitane, che trovano nella letteratura solo una tra le tante modalità ‘narrative’ di una realtà conflittuale in continuo movimento, che si sviluppa attraverso le crew rap delle seconde generazioni dei migranti del Corno d’Africa a Roma, per esempio, i lavori dei tantissimi filmaker/videomaker nigeriani a Torino, il cricket praticato dai migranti del subcontinente indiano che trovano ospitalità (o se la prendono) nei campetti improvvisati sparsi ovunque in Italia. A questi ‘eventi sociali’ gli e le italianiste hanno dedicato scarso interesse, sottovalutandone il dirompente potenziale di elemento di contesto che può coadiuvare l’analisi del testo letterario.

4. posizionamenti e piste di ricerca

Il campo del ‘postcoloniale italiano’ oggi resta incerto e scivoloso. È possibile, del resto, rendere nazionale una pratica nata anche dagli ideali anticoloniali transnazionali? Nonostante l’incertezza il campo è in continua espansione, anche se il lavoro di studio, ricerca e pubblicazione dei risultati è ancora prevalentemente il frutto di iniziative individuali e i tentativi di sinergie e connessioni tra centri e soggetti distanti o con altre discipline è spesso frustrato dalla cronica assenza di fondi – ancor più per progetti tuttora considerati troppo specialistici, troppo di nicchia, troppo contemporanei – e dalla sostanziale entropia che colpisce l’Università italiana oggi.

Eppure molto lavoro resta da fare. Per esempio la connessione degli studi postcoloniali nell’ambito della letteratura italiana con quello nelle altre letterature europee (in particolare nel Continente): si parla da anni di “Black Europe” e “Black Mediterranean”. Oppure una seria e precisa rilettura del Gramsci dei Cultural e Subaltern Studies e dunque di una sua ritraduzione nel contesto italiano, soprattutto dove Gramsci riflette sulla “questione meridionale” o, nei Quaderni, sulle modalità specifiche di ‘annessione’ del Sud da parte del Nord in quella nazione nata dal Risorgimento che ebbe nella politica coloniale il suo battesimo internazionale. E ancora nella rilettura nella chiave della condizione postcoloniale delle relazioni molteplici di matrice neocoloniale che l’Italia intrattiene non soltanto con le sue ex colonie (in particolare con l’Albania e la Libia), ma anche con paesi comunitari come la Romania: nelle relazioni industriali, nelle delocalizzazioni, nella gestione e controllo delle migrazioni, nelle politiche del lavoro, nel continuo spostamento delle nostre frontiere verso il Sud e verso l’Est.

Infine, mi domando: quando parliamo di postcoloniale, da dove parliamo ‘noi’, che con il postcoloniale in Italia ci stiamo confrontando? Da che luogo e in quali condizioni strutturali e lavorative? (precari? strutturati? free-lance, indipendenti?) Su quali confini geografici e storici? Insomma, qual è la nostra location? Personalmente vivo in una città del Sud posizionata di fronte all’Albania, in una zona dove Via Durazzo è la prosecuzione di Via Addis Abeba, che è la parallela di Via Somalia ed entrambe incrociano Via Dalmazia. A Bari negli anni Trenta c’era il secondo Monopolio nazionale delle banane, che venivano dalla Somalia. E c’è un Sacrario dei Caduti d’Oltremare dove un’ala è dedicata alle ‘gesta’ coloniali italiane e che raccoglie enormi lapidi che ricordano caduti ascari eritrei in arabo e tigrino. Quel Sacrario è a 500 metri dal mare dove l’8 agosto 1991 arrivò la nave Vlora con quasi ventimila migranti albanesi, alcuni dei quali furono chiusi per giorni nello stadio di calcio cittadino. Questo ‘partire da me’ è per sottolineare la necessità di interrogarci, prima ancora che approntare risposte, sui ‘luoghi’ dai quali facciamo il postcoloniale (italiano), tenendo sempre nel quadro storie, lingue, mappe, territori, posizionamenti di genere, razza e classe.

1. Per una disamina complessiva, critico-storiografica e terminologica, si veda Pezzarossa e Rossini. Per approfondimenti teorici, si veda Romeo.

2. Con l’eccezione del numero monografico del 2004 di Quaderni del ‘900 e Romeo.

3. Se ne discusse ufficialmente nelle sessioni intitolate proprio Postcolonial Italy alla conferenza triennale dell’EACLALS (Try Freedom. Rewriting Rights in/through Postcolonial Cultures, Venezia, 25-29 marzo 2008) curate da Shaul Bassi e Annalisa Oboe, i cui materiali sono tuttora visibili a questo indirizzo. Mi permetto di segnalare che se ne discusse anche nella sessione di studi organizzata in occasione del XIII Congresso dell’Associazione degli Italianisti (ADI), intitolata Eccentricità e spaesamenti. Identità italiana e letteratura dal colonialismo alle migrazioni globali, dalla quale è scaturito il volume per la mia cura (Derobertis).

4. Anche qui permetto di rinviare ad un mio lavoro: “Southerners, Migrants, Colonized. A Postcolonial Perspective on Carlo Levi’s Cristo si è fermato a Eboli and Southern Italy Today” (Lombardi-Diop e Romeo 157-171). Altri e altrove stanno conducendo ricerche con simile intento critico: Mattia Roveri alla University of Saint Andrews di Edimburgo e Giuseppe Domenico Basile all’Università degli Studi di Palermo.

5. Rey Chow, Il sogno di Butterfly. Costellazioni postcoloniali (a cura di Patrizia Calefato. Roma: Meltemi, 2004) e Stuart Hall, Politiche del quotidiano. Culture, identità e senso comune (a cura di Giovanni Leghissa. Milano: il Saggiatore, 2006).

6. A titolo esemplificativo, si veda Barbara Spackman, “Italians DOC? Posing and Passing from Giovanni Finati to Amara Lakhous” (Lombardi-Diop e Romeo 125-138).

7. Di questo molto ha scritto Caterina Romeo. Si veda in particolare “Rappresentazione di razza e nerezza in vent’anni di letteratura postcoloniale afroitaliana” (Pezzarossa e Rossini 127-149); sul versante della letteratura canonica, si veda Cristina Lombardi-Diop, “Malattie e sintomi della storia. Il mal d’Africa di Riccardo Bacchelli” (Derobertis 39-55).

8. Si veda soprattutto Sonia Sabelli, “Quando la subalterna parla. Le Traiettorie di sguardi di Geneviève Makaping” (Derobertis 131-149).

riferimenti

Benvenuti, Giuliana. Il viaggiatore come autore. L’India nella letteratura italiana del Novecento. Bologna: il Mulino, 2008.

Bonavita, Riccardo. Spettri dell’altro. Letteratura e razzismo nell’Italia contemporanea. Bologna: il Mulino, 2009.

Comberiati, Daniele. La quarta sponda. Scrittrici in viaggio dall’Africa coloniale all’Italia di oggi. Roma: Pigreco, 2007.

Derobertis, Roberto, a cura di. Fuori centro. Percorsi postcoloniali nella letteratura italiana. Roma: Aracne, 2010.

Fracassa, Ugo. Patria e lettere. Per una critica della letteratura postcoloniale e migrante in Italia. Roma: Giulio Perrone, 2012.

Lombardi-Diop, Cristina. Postfazione. Tempo di sanare. Regina di fiori e di perle, di Gabriella Ghermandi. Roma: Donzelli, 2007. 257-264.

Lombardi-Diop, Cristina e Caterina Romeo, a cura di. Postcolonial Italy. Challenging National Homogeneity. New York: Palgrave Macmillan, 2012.

Morosetti, Tiziana, a cura di. La letteratura postcoloniale italiana. Dalla letteratura d'immigrazione all'incontro con l'altro. Numero monografico della rivista Quaderni del '900 4 (2004).

Parati, Graziella. “Strangers in Paradise: Foreigners and Shadows in Italian Literature.” Revisioning Italy. National Identity and Global Culture. A cura di Beverly Allen e Mary Russo. Minneapolis-London: Minnesota University Press, 1997. 169-190.

Pezzarossa, Fulvio. “«Credeva fermamente che un nero istruito fosse un nero pericoloso». Leggere Du Bois al tempo di Maroni.” Prospettive degli Studi culturali. Lezioni della Summer School in Adriatic Studies. A cura di Luisa Avellini, Giuliana Benvenuti, Lara Michelacci e Francesco Sberlati. Bologna: I libri di Emil, 2009. 9-32.

Pezzarossa, Fulvio e Ilaria Rossini, a cura di. Leggere il testo e il mondo. Vent’anni di scritture della migrazione in Italia. Bologna: CLUEB, 2011.

Ponzanesi, Sandra. Paradoxes of Post-colonial Culture. Feminism and Diaspora in South-Asian and Afro-Italian Women’s Narratives. Utrecht: Universiteit Utrecht, 1999.

Romeo, Caterina. “Vent’anni di letteratura della migrazione e di letteratura postcoloniale in Italia: un excursus.” Bollettino di italianistica 2 (2011): 381-407.

Sabelli, Sonia. Scrittrici eccentriche. Identità transnazionali nella letteratura italiana. Tesi di dottorato di ricerca. Roma: Università di Roma “La Sapienza”, 2004.

Sinopoli, Franca, a cura di. Postcoloniale italiano. Tra letteratura e storia. Aprilia: NovaLogos, 2013.

 

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pubblicato il 17 febbraio 2014